Portocannone
Portocannone: alla scoperta del paese basso molisano di origini albanesi.
Portkanuni – Portocannone – come viene chiamato in lingua arbëreshë, è uno dei comuni molisani a minoranza linguistica, albanese per l’esattezza. A pochi chilometri dal mare è caratterizzato dal palazzo baronale posto in posizione dominante sul paese.
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Cenni storici
Sappiamo riguardo le origini della popolazione di Portocannone che ha origini albanesi ma il centro abitato non nasce con i nuovi coloni. Esso fu fondato nella località denominata “Castelli“, nei pressi dell’attuale cimitero comunale, dai popoli latini nel 1046. Inizialmente viene denominata “Portocandesium”, mutato successivamente in “Portocanduni”. Con il violento terremoto del 1456 iniziano le prime migrazioni albanesi che continuarono in seguito all’invasione dei Turchi, infatti molti albanesi navigarono il Mar Adriatico nella speranza di ottenere la protezione del regno di Napoli.
Grazie alla ripopolazione dei paesi distrutti dal terremoto del 1456, Portocannone fu ricostruita e venne edificata la nuova chiesa in onore della Madonna di Costantinopoli. La tradizione per eccellenza che rievoca questo evento è la gara della Carrese, oltre al gemellaggio tra la cittadina albanese Kruje e il paese di Portocannone, di cui vi parleremo dopo.
Cosa vedere
Tra i monumenti più importanti al primo posto troverete sicuramente il Palazzo Baronale, edificato tra il 1735 e il 1742 dal barone Carlo Diego Cinni; esso si presenta come un’imponente costruzione sull’antica cinta muraria, è dotato inoltre al pian terreno di magazzini mentre al primo piano si trovano le numerose stanze un tempo abitate con splendidi affreschi e mobili d’epoca; all’ultimo piano, invece, si trova un portico sporgente da cui si può intravedere il giardino che affianca ad oriente il palazzo.
Seguendo la nostra classifica immaginaria, al secondo posto possiamo inserire la porta urbica di Borgo Costantinopoli; chiara testimonianza delle migrazioni albanesi, essa sorge come porta principale del paese su cui tutt’oggi si possono ammirare i dipinti rappresentanti le usanze arbëreschë. Inoltre si possono visitare la chiesa Madre dei Santi Pietro e Paolo nel Borgo Costantinopoli dove è posto il quadro della Beata Vergine Maria SS. di Costantinopoli risalente al XVI secolo, e la chiesa della Madonna del Carmelo del XVII secolo, presente nella parte più interna del paese ed è a navata unica.
Tradizioni e gastronomia
Tra le cose da fare a Portocannone troviamo la Carrese, un rituale (che si svolge il lunedì successivo alla Pentecoste) in cui si uniscono religione e folklore, rievocazione del passato che è annualmente seguita con intensa partecipazione da parte dell’intera comunità di Portocannone, se non del Basso Molise; consiste in una competizione tra tre “partiti”: i “Giovani” distinguibili per i colori bianco e celeste, i “Giovanotti” con i colori giallo e rosso e, dal 2008, i “Xhuvëntjelvet” di colore arancione.
Perché è un evento che rievoca il passato? Si narra che i coloni, una volta giunti sulle coste adriatiche molisane, per la vastità del territorio, decisero di seguire i due buoi aggiogati che trascinavano un carro sul quale fu posta l’effigie della Beata Vergine di Costantinopoli. Questi salirono il bosco di Ramitelli giungendo proprio dove nacque il borgo insieme alla chiesa dedicata a Maria SS di Costantinopoli, la quale divenne subito oggetto di venerazione da parte degli abitanti e un trofeo ambìto delle Carresi.
Tra le altre feste abbiamo quella di Sant’Antonio che si svolge la notte del 16 gennaio, il Carnevale di Portocannone, caratterizzato dal tradizionale trasporto di un fantoccio di cartapesta nel luogo dove verrà bruciato, e infine il Presepe vivente che coinvolge gran parte dei portocannonesi.
Tra le pietanze tipiche del posto troviamo il “Bakalla i rakanuot”, ovvero il baccalà gratinato, la “Gjimaveja”, minestra di brodo di carne d’agnello consumata solitamente nel penultimo giorno di Carnevale, il “Kardhunt ka brodi”, brodo con i cardi, la “Pica me cingaridhe”, sarebbe la pizza con i ciccioli, e la “Petullat”, frittelle di pasta lievitata che si allunga con le mani, prima di immergerla nell’olio bollente e che si consuma, tradizionalmente, durante il periodo natalizio.