Chiauci
Chiauci: il paese alle porte dell’alto Molise
Diversi sono i paesi che delimitano l’alto Molise; tra questi vi è Chiauci, un piccolo gioiellino pieno di risorse e bellezze naturalistiche, ricco di sentieri e percorsi ideali per praticare attività all’aria aperta come il trekking, l’escursionismo e la mountain bike. Inoltre è il paese che presenta il primo parco avventura realizzato in Alto Molise, perfetto per i più coraggiosi.
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Cenni storici
Chiauci è un paese di antiche origini, dove diversi popoli hanno lasciato il segno. In passato si chiamava Clàvicia e ne era feudatario, per conto del conte di Molise, Oderisio de Rigo Nigro. Il feudo cambiò diversi proprietari, passò dai Bucca, nell’epoca di Carlo d’Angiò, ai del “Bosco” e ai “Montavano”, poi a “Ferrante de Capua”, le cui figlie, dopo la sua morte, la cedettero ai Sanfelice nei primi decenni del XVI secolo.
Chiauci nel 1807 faceva parte del distretto di Isernia, governato da Frosolone, ed era una frazione di Civitanova del Sannio. Nel 1811 divenne un comune autonomo, ma dal 1927 al 1935 divenne nuovamente frazione, stavolta di Pescolanciano. Passata con il nuovo governo repubblicano alla provincia di Campobasso, dal 1970 è di nuovo nei territori di Isernia.
Cosa vedere
Il comune presenta un territorio quasi esclusivamente montuoso. I boschi la fanno da padrone; ne è un esempio il Bosco di Sant’Onofrio con la sua chiesa, a pochi chilometri dal centro abitato. Al suo interno è presente anche un Parco Avventura.
Il centro storico è caratterizzato da case in pietra locale. Dalla strada che circonda il centro storico si gode uno straordinario panorama: da una parte le pareti rocciose, dall’altra i monti dell’Abruzzo che fanno da sfondo a Monte Lupone.
Qui troviamo la Parrocchiale di San Giovanni Battista, la chiesa madre del paese risalente al XVIII secolo, ricostruzione di un tempio preesistente. Unica traccia medievale è la torre cilindrica usata come campanile. L’aspetto attuale, a tre navate, è del 1724.
Nel 1860, allo scopo di ospitare la confraternita del Santo Rosario, la cappella di San Sebastiano fu ampliata e trasformata in una chiesa, la Chiesa del Santissimo Rosario che conserva, dal 2013, una copia della Sacra Sindone, proprio come a Ripalimosani. Una croce stazionaria è presente nel piccolo slargo. Fuori paese troviamo la Chiesa di Sant’Onofrio, risalente all’anno mille con aspetto tardo barocco-rinascimentale.
Il centro storico è dominato dal Palazzo Baronale cinto da mura in passato caratterizzate da tre accessi (è per questo che la strada si chiama “via tre porte”). Ai lati del portale principale sorgono la Torre campanaria e la Torre dell’orologio, elemento attualmente a pianta quadrata dopo gli evidenti interventi d’epoca fascista.
In seguito allo sbarramento del fiume Trigno si è determinata la scomparsa di una cascata alta sessanta metri. Tali cascate rappresentavano luogo di notevole interesse, censito dal CNR tra i biotipi di importanza nazionale.
In località Vomero, su una parete rocciosa, si apre una cavità. E’ l’ingresso di una grotta il cui percorso si inoltra per circa ottocento metri.
L’acqua è uno degli elementi cardine. Il fiume Trigno è alimentato da oltre quaranta sorgenti che oltre ad avere acqua pura e leggera, sembra abbia anche proprietà curative.
Il territorio è inoltre attraversato dal Tratturo “Lucera-Castel di Sangro” che costeggia in parte il fiume Trigno e il bellissimo Bosco di S. Onofrio, dove è possibile trovare aree attrezzate per picnic e campeggio.
Tradizioni e gastronomia
Tra gli eventi, il 23 aprile si festeggia il patrono, San Giorgio, festeggiato con una processione risalente agli inizi del 1700.
L’11 giugno si festeggia Sant’Onofrio, giorno in cui la statua del santo viene portata in processione da Chiauci alla Chiesa situata nel bosco di Sant’Onofrio.
Il 13 giugno ricorre la festa del pane di Sant’Antonio, tradizione legata ad un passato con alta mortalità infantile. Per chiedere grazia al Santo, o per ringraziarlo di grazia ricevuta, i genitori accompagnavano i figli alla pesatura donando un quantitativo di grano pari al peso. Con il prodotto macinato si panificavano pagnotte da distribuire ad abitanti e animali.
Per San Martino, l’11 novembre, è tradizione preparare un pupazzo imbottito di paglia con la testa ricavata da una zucca svuotata e scavata, illuminata all’interno con una candela. Piatti tipici della giornata sono gli gnocchi con sugo di maiale e contorno di zucca con patate schiacciate e pancetta e “Ch’coccia e patan’ p’stiat”, crema di patate e zucca con pancetta rosolata e formaggio; questa pietanza è inserita tra i beni immateriali della rete italiana di cultura popolare e codificata dall’Accademia italiana di Cucina.
Non manca la polenta di farina di granturco e patate, piatto tipico registrato, insaporita da salsiccia secca e polpa di maiale, pomodoro e pecorino. Il granturco è presente anche nella “pizza di grandigne”, pizza impastata con acqua e olio, cotta con la brace del camino e coperta da una coppa.
Lo “squattone” è invece un “antipasto d’inverno”: pasta con acqua di cottura a cui viene aggiunto il vino rosso.