Ballata dell’Uomo Orso: la primavera rinasce a Jelsi
Un orso, proveniente dal bosco, che corre per le strade ed impaurisce gli abitanti di Jelsi: è questa la tradizione della “Ballata dell’Uomo Orso“, ancestrale rito legato alla rinascita della primavera tipico del carnevale che va ad arricchire l’elenco delle tradizioni del carnevale molisano.
Origine e interpretazioni
“U ‘Ball dell’Urz“, secondo gli studiosi, si colloca tra i riti propiziatori del Carnevale, nel periodo di passaggio tra l’inverno e la primavera.
Tale tradizione, per alcuni, trova origine in cerimonie invernali di fertilità. Il significato sta nella visione contadina della morte come condizione necessaria perché la natura possa tornare alla vita. Ad essa si associano, poi, le attese di abbondanti raccolti. Altri, invece, ci leggono una trasfigurazione del sacrificio del capro espiatorio, che con la sua morte purga la comunità delle colpe commesse.
Il rito, dalla sua nascita, ha continuato a scandire il carnevale di Jelsi per molti anni, fino alla seconda guerra mondiale quando si interruppe e si rischiò addirittura di perderlo completamente. Solo nel 2008 è stato ripreso grazie al regista Pierluigi Giorgio, ed è da subito tornato nel cuore della popolazione.
Il rito dell’Uomo Orso e il significato
La tradizione, col tempo, si è arricchita di uno spettacolo: “La ballata dell’Uomo Orso”. L’animale spunta improvvisamente dal bosco con atteggiamento aggressivo: ringhia, digrigna i denti e urla spaventando gli abitanti del paese.
L’orso viene poi catturato da un coraggioso domatore che, tenendolo in catene, lo trascina per le vie del paese ordinandogli di danzare sotto la minaccia di percosse con un bastone. I passi di danza dell’animale sono accompagnati da improvvisati musicisti.
L’orso, incatenato e costretto a ballare, è la rappresentazione delle paure nei confronti dello sconosciuto, del diverso ma anche della parte più nascosta di ognuno di noi. Oltre questo c’è l’immagine di un dio pagano piegato dalla religione cristiana o di Dioniso che, ucciso, si fa seme e frumento.
L’importanza della tradizione la si evince anche dalla presenza nel catalogo del Ministero dei Beni Culturali.