
Campodipietra, storia sul tratturo a ritmo di jazz
Campodipietra, posto su una cresta, è proteso verso la valle del fiume Tappino. Il suo territorio è da sempre strategico per la presenza di importanti vie di comunicazione, tra tutte il tratturo “Lucera-Castel di Sangro”, che ne attraversa la periferia. Per secoli le soste dei pastori transumanti hanno costituito per il centro una fondamentale occasione di scambi commerciali e contaminazioni culturali.
Continuate la lettura e visitate i social per restare sempre aggiornati:
In ultimo, prima di inoltrarvi nella lettura, un grazie a Gioele Di Renzo per il supporto e le informazioni fornite.
Cenni storici
I reperti più antichi, tre bracciali del VII-VI secolo a. C. e una statuetta del dio Ercole di metà IV secolo a. C., custoditi nel Museo Archeologico di Campobasso, attestano un insediamento già in epoca sannitica. Dell’età romana restano necropoli e ville rustiche.
La pianta ellittica del centro storico e l’assenza di un castello normanno suggeriscono un’origine longobarda. Il nome “Campus de Petra” compare nel 1022 nel Chronicon Vulturnense, quando l’imperatore Enrico II, giunto in Italia per riaffermare il proprio potere, pronunciò qui una sentenza a favore dell’Abate di San Vincenzo al Volturno.
Seguendo l’antica via romana Larinum-Bovianum giunse a Campodipietra dove pronunciò una sentenza a favore dell’Abate di San Vincenzo al Volturno che chiedeva la restituzione di proprietà usurpate da signori locali.
Dall’età medioevale il paese diventa dominio dei Marchisio fino al trecento quando passa ai De Verulis, agli Acquaviva e ai Boccapianola. Alla fine del quattrocento fu ereditato dai Monforte mentre nel ‘secolo ‘500 viene acquistato dai di Capua, duchi di Termoli, che a loro volta lo vendono ai Grimaldi, marchesi di Pietracatella.
Nella prima metà del seicento il feudo viene acquistato dai Carafa, duchi di Campolieto. Importante esponente di questa famiglia fu la duchessa Claudia Carafa, ricordata per l’esemplare amministrazione. Nel settecento sorge un contrasto fra le famiglie Di Sangro, duchi di Casacalenda che diventano intestatari nominali, e Carafa di Campolieto, padroni materiali.
Con il regno borbonico, il paese si espanse oltre il centro storico e la chiesa madre fu ricostruita. L’Ottocento fu segnato dal terremoto del 1805 e dalla fine della transumanza. L’abolizione del feudalesimo non risolse i conflitti con gli ex signori locali, proseguiti dopo l’Unità d’Italia.
Cosa vedere
In piazza della Rimembranza si trova il Monumento ai caduti delle due guerre mondiali. Ai suoi piedi è posta un’epigrafe, di età augustea, con inciso: Numerio Accio Filonico, liberto di Numerio, (è qui sepolto con) Accia Hel…/ Filonico da vivo si fece costruire. L’iscrizione consente di testimoniare la presenza della famiglia sepinate degli Accii in paese.
Sempre in piazza della Rimembranza si trova una lapide funeraria, probabilmente di età augustea, rappresentante due coniugi mentre si stringono la mano in segno di fedeltà. L’origine del nome del paese deriva verosimilmente da questa lapide.
Su una parete esterna del centro pastorale si trova una lunetta del XII-XIII secolo con il bassorilievo romanico di un agnello crucifero. Secondo il Rossi la lunetta proveniva dalla scomparsa cappella di Santa Maria di Loreto. L’annessa cappella di San Bonaventura custodisce la tela settecentesca della Madonna del Rosario, attribuita a Nicola Boraglia.
Scendendo dalla piazza si giunge al centro storico, con l’ex palazzo Ducale e la parrocchiale intitolata a San Martino Vescovo. Questa è di origini medievali ma tra il 1768 e il 1770 venne abbattuta e ricostruita con le forme barocche visibili ancora oggi. Oltre alla facciata con bassorilievi ed epigrafi commemorative, l’interno custodisce due statue di Paolo Saverio Di Zinno, dipinti murali di Paolo Gamba, una tela di Ciriaco Brunetti, una di Francesco Montagano e varie attribuibili a Nicola Boraglia. Adiacente alla parrocchiale vi è il poderoso campanile, ricavato da un’antica torre difensiva.
Tradizioni e gastronomia
Tra le feste, molto sentita è quella del protettore San Michele Arcangelo (12 agosto) con processione e festeggiamenti civili. Solo in quest’occasione viene riportata in paese una preziosissima croce processionale a tortiglioni arborei in argento sbalzato e cesellato, rame e pietre preziose. Questa reca l’iscrizione “Prospero Eustachio da Gambatesa, cavaliere di Gerusalemme, arciprete di Campodipietra, a sue spese costruì e donò questa croce alla cappella del SS. Rosario nell’anno del Signore 1587″.
Di notevole importanza gli eventi estivi “Riviviamo il Tratturo”, per valorizzare il tratturo e “Jazz in Campo”, festival internazionale di musica jazz. L’11 novembre, invece, la festa del patrono San Martino Vescovo è accompagnata da una grande fiera.
Riguardo la gastronomia, Campodipietra era annoverata fra i centri vitivinicoli più importanti del Molise, soprattutto per la produzione di vini bianchi (Trebbiano, Moscato, Malvasia). Ancora oggi è intensa la produzione di olio d’oliva, specialmente della cultivar “sperone di gallo”. L’antica vocazione agropastorale della popolazione si riflette nella cucina paesana tipica. Cavatelli, sagnetelle triangolari, frascatièlle (pasta di grano duro fatta di grumi sferici), pallotte casce e ova al sugo e in brodo, pizza di granone e minestra campestre, spezzatino di frattaglie d’agnello, baccalà arracanato con acini di uva locale, fiadoni di Pasqua dolci, ciélle ammalàte (azimi melati, taralli di pasta lessati nel mosto cotto), surbetta con neve e mosto cotto.