De Iumento Albo, monastero benedettino a Civitanova del Sannio
Alle porte dell’alto Molise, su un colle a ridosso del tratturo Lucera-Castel di Sangro, sorge Civitanova del Sannio, paese che custodisce i resti della chiesa e del monastero di San Benedetto de Iumento Albo, tra i più antichi della regione.
Ho avuto il piacere di visitarlo guidato dalle sapienti parole di Francesca Di Palma, amica e archeologa che ne cura lo scavo. Il sito, in aperta campagna, lascia davvero affascinati permettendo di respirare fede e storia in una pace quasi surreale.
La storia
La storia del de Iumento Albo la si può ricostruire grazie al fondo pergamenaceo che lo riguarda; conservato presso l’abbazia di Montecassino, il contenuto fu pubblicato agli inizi del XX secolo. Dai documenti si apprende che nel 1002 il comes Berardo e la moglie decisero di donare all’abate Pietro una chiesa dedicata a San Benedetto «sita intra fines Banioli (Bagnoli del Trigno) in loco qui vocatur Molendini Vetulus».
La chiesa in quell’anno era quindi già esistente e la novità fu quella che i due aristocratici, coinvolgendo l’abate Pietro, avessero deciso di annettervi un monastero, usanza frequente presso le aristocrazie italiane dell’epoca.
Nel 1020 l’abate Pietro, insieme ad un altro personaggio di nome Paolo, decise di cedere il monastero all’abate Atenolfo di Montecassino. La donazione si inserisce all’interno dell’alleanza tra i Borrelli ed il cenobio laziale che, in quell’ambito territoriale, deteneva già altri monasteri, come quello di S. Colomba a Frosolone e quelli più distanti di S. Pietro del Tasso a Carovilli e di S. Eustasio a Pietrabbondante.
Il monastero risulta ancora alle dipendenze di Montecassino nel 1057. È inoltre menzionato nei pannelli delle porte bronzee cassinesi poste in opera con diversi interventi tra la fine dell’XI secolo e gli inizi del XII e ricompare nel 1137 in un diploma, anch’esso di conferma dei beni dell’abbazia laziale, emesso dall’imperatore Lotario III.
Il sito
Della chiesa resta in piedi il possente campanile restaurato a cura della Soprintendenza e del Comune. Nel corso del restauro è stato possibile liberare l’interno della chiesa dalla vegetazione e dalla parte più superficiale dei crolli, nonché consolidare le creste dei muri perimetrali. Dal 2014, inoltre, indagini archeologiche condotte dall’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, hanno interessato l’interno della chiesa e una piccola area ad essa adiacente sul lato meridionale.
Presso l’abside, sul lato sud, spiccano i resti del pilastro che sorreggeva l’arco trionfale. Di fronte alla facciata, e addossata a quest’ultima, spicca un’alta torre quadrata.
La rimozione dei crolli che ingombravano la navata ha permesso di riportare alla luce diversi piani di frequentazione. Il più recente, in terra battuta e malta, si può collocare fra il XV e il XVI secolo.
Il completamento delle indagini condotte nella navata ha permesso di accertare l’esistenza, ad una profondità di circa un metro, di un pavimento in lastre di arenaria. Questo è probabilmente quello originario.
Le ultime indagini aprono la strada anche alla possibilità dell’esistenza di una chiesa primitiva. Di certo è che lo scavo condotto al centro della chiesa ha riportato alla luce i resti della scala di accesso all’area presbiteriale. Si presume che questa divisione fosse funzionale ad una distinzione fra la parte dell’area riservata alla comunità monastica e quella riservata ai laici.
Le pareti della chiesa erano in origine interamente affrescate anche se, purtroppo, tranne alcune tracce d’intonaco, nulla è più rimasto.
De Iumento Albo: altre informazioni
Ad un certo momento si operò la decisione di obliterare il pavimento originario con una gettata di terra e macerie, elevando il piano della chiesa di circa un metro. Tale cambiamento fu probabilmente determinato da ragioni di emergenza (pestilenza?) poiché all’interno di una grande fossa furono adagiati i corpi di diversi defunti.
Nello stesso periodo (primo quarto del XVI secolo), come indicherebbero le monete rinvenute con i defunti, l’ingresso principale della chiesa, che la metteva in comunicazione con la torre in facciata, fu murato.
La chiesa era provvista di tre accessi sul lato sud. Il primo e il terzo sono probabilmente coevi e originari; il centrale invece dovrebbe essere stato praticato al momento del rialzamento del calpestio.
Le indagini archeologiche hanno riportato alla luce quasi tutto il braccio meridionale del chiostro e la parte iniziale di quello orientale. Pavimentato in lastre di scisto, è stato ripetutamente tagliato per praticarvi delle sepolture.
Con la speranza che le indagini continuino, vi invito a visitare il sito, a studiarlo e a farlo conoscere a più persone possibili.
Fonte: Civitanova del Sannio – Il monastero de Iumento Albo | Daniele Ferraiuolo e Federico Marazzi | Volturnia Edizioni