Ripalimosani, il paese dei funai
Arroccato sulla pietra, a dargli quasi l’aria di un presepe, sorge Ripalimosani. Il paese, con il suo dedalo di viuzze che si sviluppano attorno al palazzo ducale ed alla chiesa principale, nascondono elementi caratteristici e panorami incantevoli sui paesi vicini e la vallata sottostante.
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Cenni storici
Le origini del paese risalgono ad oltre due millenni fa, quando la zona era abitata dai sanniti. La nascita dell’attuale comune, invece, è da far risalire circa all’anno 1000, stesso secolo in cui venne edificato il palazzo ducale. Di tali origini ne sono testimonianza la caratteristica forma a fuso in cui da un’asse principale, l’antica via di Mezzo, ora via P. N. F. Giampaolo, si dipartono vari vicoli trasversali.
Cosa vedere
Su tutto l’abitato spicca la chiesa di Santa Maria Vergine Assunta, del XVI secolo, situata in cima ad una scalinata. Edificata su un precedente edificio del XIII sec., l’attuale impianto risale al 1560, mentre facciata e decorazioni interne sono frutto della ristrutturazione (1772-1780). Il campanile, invece, era già esistente nel 1463.
All’interno il coro ed il pulpito risalgono al cinquecento, al seicento la tela con l’Adorazione dei Magi, mentre sono del XVIII sec. l’organo, la statua del patrono San Michele e quella dell’Assunta del Di Zinno. È presente anche un esemplare della Sacra Sindone ripresa dall’originale.
Di fronte la chiesa c’è “il castello“, come lo chiamano gli abitanti, ovvero il palazzo marchesale che mostra nell’impianto la trasformazione cinquecentesca dell’antico fortilizio medievale. All’interno del portale sono ancora visibili le carrucole del ponte levatoio. Nell’interrato sono presenti le carceri, a livello della corte si trova il giardino pensile, al primo piano le stanze di rappresentanza mentre al secondo i locali destinali alla servitù. Da menzionare è un altare custodito dietro le ante di un finto armadio a muro che, una volta aperte, trasformano la sala in cappella.
Al di fuori del borgo si trova la Chiesa di S. Antonio di Padova, lì dove un tempo vi era la porta principale, Porta Grande. I Ripesi la chiamano S. Antonio in Piazza per distinguerla dall’omonima chiesetta fuori le mura.
Sulla sinistra guardando la chiesa, un portale permette l’accesso al teatro comunale, a cielo aperto, di recente realizzazione. Nella piazza antistante la chiesa, inoltre, è da menzionare una croce stazionaria risalente al 1562.
All’ingresso del paese venendo da Campobasso si trova il Convento San Piero Celestino, uno dei più antichi monasteri del Molise, edificato nel X secolo in onore della SS. Annunziata. L’attuale denominazione risale al 1313 quando Pietro da Morrone, divenuto Papa Celestino V, fu canonizzato. Da menzionare il coro ligneo (1646), il busto ligneo di San Benedetto da Siena (1626) e la tela della Madonna di Costantinopoli.
Da vedere c’è ancora:
- Porta Iannucci: dell’XI-XII secolo, costituiva insieme a Porta Grande e Porta del Borgo, uno degli accessi all’antico nucleo.
- Chiesa di Santa Lucia: cappella rurale di modeste dimensioni fuori paese.
- Cappella della Madonna della Neve: in c.da Quercigliole, apparteneva all’Ordine di Malta. L’epoca della fondazione non è conosciuta. La costruzione però è accertata nel 1651 comparendo in una planimetria dell’Atlante Capecelatro, anche se diversa rispetto all’attuale.
Tradizioni e gastronomia
Tra gli eventi sono da menzionare “A Meskuerate“, antica tradizione che si svolge a carnevale lungo le strade, composta da scenette comiche e canti popolari, tutto in dialetto ripese, Simposio Ripa e il Palio delle Quercigliole.
Come da tradizione secolare, ogni anno passa a, breve distanza dall’abitato, la transumanza della Famiglia Colantuono di Acquevive di Frosolone. Il tratturo Lucera-Castel di Sangro, infatti, corre lungo la strada che porta a Santo Stefano (fraz. di Campobasso). Il terzo dei quattro giorni di cammino c’è la tappa più lunga, da Santa Croce di Magliano a Ripalimosani per l’appunto, con arrivo e sistemazione per la notte nell’area antistante la Cappella della Madonna della Neve in contrada Quercigliole. Da qui, la mattina successiva, si riparte per arrivare a destinazione, non prima di aver guadato il Biferno, uno dei momenti più belli della transumanza.
Ripalimosani era un tempo chiamato “il paese dei funai” per il gran numero di artigiani, “feniere“, che si dedicavano alla fabbricazione delle corde. La lavorazione della canapa fu avviata nel XVI secolo e crebbe fino agli inizi del ‘900 quando la manifattura divenne di eccellente qualità ed i prodotti molto ricercati nel Regno di Napoli.
Dopo la seconda guerra mondiale la produzione è andata prima riducendosi per poi scomparire del tutto. Il lavoro si svolgeva prevalentemente all’aperto e oggi rimane solo il nome “orto dei funai” a ricordare il luogo dove si incontravano fino a duecento artigiani a muovere le tipiche ruote per la filatura.
A Ripalimosani c’è una secolare tradizione mandolinistica che, grazie all’attività del Circolo Musicale “Pietro Mascagni”, orchestra di interesse nazionale, ancora gode di eccellente salute.